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Rispetto al passato in Italia ci sono delle leggi (la 189/2004, la 201/2010 e la 73/2015) che dovrebbero tutelare il benessere e la dignità degli animali da compagnia quando sono oggetto di maltrattamenti, abbandoni e traffici illeciti di ogni tipo. Ma la schizofrenica necessità di possedere qualsiasi cosa in stile usa e getta, per sentirsi gratificati nella massificazione commerciale sempre più vorace, si declina senza scampo anche su cani e gatti. L’ultima che abbiamo dovuto mandare giù è di questi giorni, ed è tra le più grottesche e squallide dell’ultimo periodo. Una famiglia, che chiameremo Rossi, si reca in un allevamento e contratta l’acquisto di due cuccioli di pitbull. Poco male, direte voi, avrebbero potuto adottarne uno tra le migliaia che cercano casa. Pazienza. I narcisisti comprano per alimentare inconsciamente il proprio ego, mentre l’adozione li farebbe sentire deboli e poco interessanti. Ed è parte della dinamica intrinseca dell’acquisto di un cane: far incassare danaro all’allevatore ingolosendolo nella programmazione delle prossime cucciolate, in seno alla delirante centrifuga di domanda e offerta, l’origine di (quasi) tutti i mali che spesso ne seguono. A partire dall’importazione clandestina di migliaia di cani dall’Est Europa e dei relativi ed arcinoti traffici milionari. In relazione ai quali vengono sempre incolpati esclusivamente i trasportatori e gli allevatori dei paesi d’origine (Ungheria, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria) senza mai puntare il dito al cuore della questione. La domanda proviene dai paesi di destinazione e i mandanti sono i veri responsabili: faccendieri e allevatori italiani, spagnoli, francesi e anche ciprioti e maltesi. Che invece non vengono stigmatizzati nè messi in discussione, perché servono al sistema. Senza di loro buona parte della pet economy fallirebbe entro un paio d’anni. La famiglia Rossi non è sola, è accompagnata da Trilly, una buffa e simpatica cocker di sei anni che guarda dal baule dell’auto ignara di quello che gli sta per succedere. Mentre il gruppetto completa la transazione, tra foto, video e carezze plastificate, una donna apre il bagagliaio della vettura. Trilly, scodinzolante, probabilmente stava pensando di scendere ad annusare i cuccioli e fare due passi. Ma in meno di un minuto si trova dentro un box di ferraglia arrugginita e con qualche ciotola sporca e ammuffita sparsa qua e là. Cinque minuti dopo la famiglia Rossi risale in auto, accende il motore e sfreccia via con i due cuccioli appena acquistati, lasciando Trilly lì. Incuranti di qualsiasi conseguenza che il loro gesto avrebbe comportato, emotivamente e fisicamente, per Trilly. Un gesto ignobile ed inqualificabile, paragonabile ad un abbandono in autostrada. Ma mentre l’abbondono in autostrada, assieme ad altre nefandezze tanto care agli usi e costumi dell’italiano medio, è stato ridimensionato con gli aggiornamenti legislativi di cui sopra, che hanno modificato o introdotto gli articoli relativi del codice penale, l’abbandono verso terzi (gentilmente rinominato cessione di proprietà) è perfettamente legale. E’ il buco nero alla base di ogni tipo di criticità legata agli animali di affezione. Secondo gli esperti invece, tra cui veterinari e commedianti cinofili riuniti, associazioni – private o parastatali – alcune dedite ad una “presunta” protezione animale e altre alla difesa dell’ambiente, il problema si chiama randagismo. E’ uno dei metodi più usati: confondere le acque e le opinioni della società distratta. Però i numeri parlano, e anche chiaro. Negli ultimi anni l’incremento dei cani sul territorio nazionale è di circa 350.000 unità ogni 12 mesi, il 40% in più dell’aumento medio degli ultimi quarant’anni. L’incremento di presunti cani randagi o rinselvatichiti (che poi sono nella quasi totalità i secondi, allontanati dai centri abitati dalle stesse persone che li hanno fatti nascere: pastori, cacciatori e cagnari vari) è invece stabile o comunque pari al 3% dell’aumento del totale. Il 63% dei 350.000, però, è rappresentato dall’immissione di nuovi soggetti che provengono da allevamenti con affisso, allevamenti amatoriali, cucciolate di privati a scopo di lucro, importazioni varie (lo dice Anmvi qui, nel rapporto “I proprietari e gli animali da compagnia” presentata in sinergia con Zoomark International). E come se non bastasse, il 79% delle cessioni di proprietà arrivano proprio da questi ultimi. Ma l’emergenza è sempre la stessa. Il randagismo. Così tutti possono continuare a prendersi una fetta della torta. Allevatori, allevatori cinofili, cacciatori, ENCI, gestori dei canili, trafficanti, disoccupati in cerca di soldi facili e molti altri ancora. Più gente mangia e meno gente si lamenta, tanto i cani non parlano. Per rendere onore al merito però, almeno una cosa è cambiata; dopo quasi trent’anni dall’introduzione del microchip e dell’anagrafe canina i trafficanti e gli allevatori fanno fatica a far sparire gli scarti di produzione ed i ritorni indesiderati. E quando serve, basta contattare qualche collega, un rescue di razza o un’associazione specializzata in ritiro e riaffido e rifilare loro il malcapitato rifiuto di turno, che ormai è adulto e non serve più. Una soluzione si trova sempre. Prima facevano un’altra fine, sparati e cacciati in un freezer, non se n’è quasi mai accorto nessuno. Esiste una soluzione per porre fine a questo scempio? Certo che esiste. Si chiama tassa sulle cessioni; unico modo per educare e responsabilizzare. Al di fuori di certificati motivi di salute o di estrema indigenza, se vuoi scaricare il tuo cane (o il tuo gatto), devi pagare. Non 12€, però. Facciamo 350. Probabilmente ci sarà un prima fase di instabilità e parecchi cani faranno una brutta fine, ma alla media distanza cambierebbe molto, e saremo sicuramente una società migliore. E Trilly? Trilly è stata fortunata, non vedrà più i suoi vecchi “padroni”, ma sarà presto adottata da una splendida famiglia che le farà dimenticare tutto. E quella famiglia potreste essere voi, le audizioni sono aperte. Scrivici qui se la vuoi adottare. Ma quante Trilly non saranno così fortunate? Tante, troppe.

Aggiornamento 04/06/2020: Purtroppo Trilly non ce l’ha fatta. Era piena di metastasi. Vien da se che la situazione adesso si complica. Chi ha “mollato” il cane non si è nemmeno degnato di fare una cessione. Si erano accorti che la povera Trilly stava male, e l’hanno lasciata morire sola in un box di una pensione. Siamo senza parole e stiamo valutando cosa fare. La rabbia è notevole.